Nba 2K21 Recensione

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Quando si tratta di recensire videogiochi c’è sempre un qualche elefante nella stanza che prima o poi va affrontato, legato a eventuali criticità nella storia, giocabilità, grafica o altro. I pachidermi da incrociare però questa volta sono presenti già da prima che mettessimo le mani sull’attesissimo (forse solo a metà) NBA 2K21.

Gli Elefanti nella stanza

Il primo grande problema da affrontare è indubbiamente la questione Covid19. L’arrivo della pandemia ha infatti stoppato la stagione NBA a un mese circa dall’inizio dei Playoff, portando a un rallentamento che ha costretto la lega a riprendere solo a fine luglio, all’interno della bolla costruita all’interno di Disney World a Orlando. Nel momento in cui NBA 2K21 esce quindi, la stagione 2020 non è ancora terminata e di conseguenza non sono avvenuti draft e mercato dei free agents o scambi che sono soliti cambiare completamente i volti delle franchigie. L’edizione di quest’anno esce dunque sostanzialmente con i roster della scorsa stagione e a campionato 19/20 ancora in corso, un fatto unico e che, per le modalità con cui si è arrivati a ciò, speriamo non più ripetibile.

Il secondo, altrettanto grande elefante nella stanza è la transizione. A poco meno di due mesi dall’uscita delle nuove console, stiamo vivendo gli ultimi istanti di una generazione videoludica che ci ha regalato non poche sorprese e momenti da ricordare. Servirebbe un altro pezzo solo per fare un elenco, che anche solo minimamente riesca a sfiorare i principali avvenimenti nel mondo videoludico di questi ultimi 7 anni, perciò rimaniamo legati a NBA 2K. Questa premessa è essenziale poiché ciò che leggerete è Il giudizio di una versione current gen che non avrà alcune delle caratteristiche che vedremo invece su PS5 e XBOX Series X, prima tra tutte la storia de “La mia carriera”. Va da sé dunque che il bilancio e il giudizio finale sull’edizione di quest’anno di NBA 2K sono rimandati a next gen uscite. Ma andiamo con ordine.

The road so far…

Il brand di Visual Concepts in questi ha senza ombra di dubbio portato il concetto di simulazione sportiva a un altro livello. Non solo per la grande trovata di inserire in un gioco sportivo una modalità carriera che ha fatto della narrazione sempre più il suo epicentro, dopo essere stato un timido esperimento iniziale, ma anche introducendo una serie di personalizzazioni, su tutte l’editor che ci accompagna nella creazione del nostro personaggio e la possibilità di poter scannerizzare il proprio volto grazie all’utilizzo del proprio smartphone e app MyNBA2K, che hanno portato l’utente amante della disciplina a immedesimarsi in tutto e per tutto con il suo avatar, creando le condizioni perfette per tenere incollati i giocatori, tenendo viva una modalità che in tanti davano per spacciata negli anni in cui è esploso il multigiocatore anche sulle simulazioni sportive (vedi Fifa Ultimate Team). Ovviamente la componente online si è fatta sempre più strada anche qui, con l’introduzione del quartiere e delle modalità Pro AM.

Dai primi passi nella versione PS4/XBOX ONE di NBA 2K14, alla regia di Spike Lee in NBA 2K16 e alla supervisione della Uninterrupted di Lebron James in NBA 2K20. Dai cammei dei campioni NBA sempre più presenti con i volti, oltre che con le movenze per la mocap, alle partecipazioni illustri di stelle di Hollywood del calibro di Michael B. Jordan, Idris Elba, Rosario Dawson o, quest’anno, Djimon Hounsou.

E tutto questo preambolo ci riporta a quel primo elefante nella stanza, la transizione. Perché ciò che abbiamo visto in questo NBA 2K21 è la somma delle evoluzioni qui riassunte, con la problematica grande di non essere più una novità per il giocatore, ma più un more of the same di ciò che ha giocato e visto in questi anni. La storia parte dalla high school, per poi portare il nostro personaggio a scegliere il suo college di destinazione, fino al traguardo finale: il draft NBA. Il tutto all’insegna di un’ombra da sconfiggere, la pressione di una eredità paterna che non lascerà margine di errore al nostro protagonista. Nulla di nuovo insomma. Il racconto della genesi di un’atleta negli anni della sua formazione, le scelte da fare per costruire la propria carriera al meglio e la decisione del college da frequentare, in pieno stile americano. Una storia breve che ci porta nel giro di poche sequenze ad approdare in NBA, dove da quest’anno spariscono i lunghi, e spesso troppo ripetitivi, intramezzi delle sessioni di interviste post partita. Tutto ciò che ogni anno era la novità nella modalità My Career, ora è la regola per 2K e al termine di questa generazione una storia di questo livello non può raccogliere gli stessi giudizi positivi e lo stesso interesse che avrebbe raccolto fino a un paio di anni fa. Tuttavia Visual Concept ha preso delle decisioni che rendono comunque giocabile e avvincente anche l’avventura di quest’anno. In una campagna della quale non sappiamo quanto dei loro sforzi abbiano investito, dal momento che su next gen affronteremo qualcosa di completamente diverso (vogliamo quindi pensare che l’apice delle energie sia stato rivolto a questa), l’aver ridotto all’osso sequenze narrative trite e ritrite ha portato a velocizzare alcuni processi che possono portarci a proseguire tranquillamente la carriera, dovendo preoccuparci unicamente di come utilizzare i crediti guadagnati per migliorare il personaggio.

Nuovo tiro, vecchio gameplay

E da qui in poi possiamo preoccuparci unicamente di parlare del gioco.

Che è il solito NBA 2K, e dal punto di vista del gameplay questo non è per niente un male. Aldilà dello sviluppo del giocatore rimangono di ottimo livello la qualità delle animazioni, gli scontri fisici e i mismatch in partita e l’intelligenza artificiale che permette di applicare schemi da playbook più che veritieri e che, alle difficoltà più elevate, porta a dover rivedere il proprio gioco in base alla squadra che si affronta, alla difesa messa in campo ed ai talenti da poter utilizzare. Subentra un nuovo mirino per calibrare il tiro, questo si molto complesso e che ha fatto storcere non poco il naso agli utenti. È questo un elemento che aggiunge ulteriore realismo alla simulazione? Si, una volta che il giocatore ha preso le dovute misure per utilizzare al meglio lo strumento, che non garantisce canestri: la qualità del tiro, oltre a far riferimento all’indicatore, migliorerà al migliorare della costruzione delle azioni di gioco e del giro palla che l’utente riuscirà a fare.

Permane la modalità MyTeam, rinnovata con l’introduzione delle stagioni e della modalità Limited, attiva solo nei weekend, che prevede di costruirsi la propria squadra tra giocatori attuali e leggende NBA, sbustando pacchetti che si potranno ottenere vincendo le diverse sfide a disposizione. Disponibili ancora la modalità MY GM e la mia lega, elementi quasi storici nella saga.

Tra le squadre giocabili, da segnalare il ritorno dei roster di WNBA e la possibilità dunque di poter giocare con tutte le squadre della lega femminile.

Rispetto allo scorso anno rimane la grossa criticità dei crediti virtuali. È ancora troppo alto il divario tra quanto si guadagna dalle varie partite e sfide e la velocità con cui i crediti vengono spesi per i miglioramenti del proprio giocatore o della propria squadra MyTeam. Al punto che ci siamo trovati a dover scegliere su quale delle due modalità doverci concentrare per non incombere nel dover acquistare ulteriori crediti per ottenere risultati. Resta ancora molto difficile riuscire a vedere le piene potenzialità del proprio giocatore o la formazione della squadra dei propri sogni senza dover spendere di tasca propria, è questa la grande pecca che rischia di minare l’esperienza di gioco del simulatore 2K. Altra criticità da far presente: solo la Mamba Forever edition consentirà a chi l’ha acquistata di accedere gratuitamente alla versione del gioco next gen, lasciando dunque a mani vuote chi, in attesa delle nuove console aveva pensato di acquistare la standard edition su current gen.

Un plauso infine alla colonna sonora, immensa e che quest’anno aggiunge anche due brani dell’atleta di copertina Damian “DAME D.O.L.L.A” Lillard. La possibilità di ascoltarla completamente su Spotify è cosa più che gradita se oltre ad essere amanti del gioco, vi piacciono le sonorità hip hop.

Aspettando la forma finale

Non ci resta dunque che attendere, per capire cosa avrà escogitato Visual Concept per alzare l’asticella di NBA 2K sulle future console. Nel frattempo possiamo continuare tranquillamente l’esperienza su current gen. Dal campetto al parquet, dai palazzetti di scuola ai grandi stage americani, NBA 2K21 mantiene alto il livello e si conferma il passatempo perfetto per tutti gli appassionati che vogliono vivere, ancora una volta, una storia di gloria nel mondo della palla a spicchi.

NBA 2K21

52,99

7.7

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